lunedì 30 novembre 2009

Intervista a Suz

Ho scelto questa foto di Suz (opera del fotografo Paolo Casarini), perché rappresenta bene la sua musica: elegante senza essere snob, pop senza essere commerciale, ballabile senza essere stupida. Trip Hop è il termine giusto, fatto con gusto e intelligenza da chi se ne intende, lei, Susanna La Polla, giornalista musicale prima, militante delle posse ancora prima (nella Bologna anni ’90).
Con la sua esperienza e una voce dalle tonalità calde/rilassanti riesce a rappresentare alla perfezione un mondo musicale che pochi altri in Italia esprimono. Infatti ai primi ascolti mi chiedevo da che parte dell’Inghilterra venisse. Poi ho letto il libretto interno e …un libretto interno con alcuni disegni fantastici e un po’ inquietanti, come fantastici e un po’ inquietanti sono i pezzi di Shape Of Fear And Bravery, esordio ben calibrato, onirico, sbatticoda quanto basta (per non rovinarmela); fin dal primo pezzo dalle movenze dub, The Gathering, la mia coda non riesce a star ferma, come nel secondo, il dolce Fear e nel terzo, il notturno elettronico Shield Machine e così via per dieci pezzi dove non perde mai il ritmo.
A quanto mi dicono, questa sera dall’altra parte del blog con Suz ci sarà Ezra, dj e produttore artistico del cd (dubmaster live con lei, in un supergruppo composto da Alessiomanna dei Casinò Royale al basso, l’ex N.A.M.B. Luca Cognetti alla chitarra e David “Little Tony Negri” Nerattini alla batteria ). Ci siete voi due?
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venerdì 27 novembre 2009

CINEMA: L’uomo che fissa le capre di Grant Heslov

È bello quando vai al cine, sai poco o nulla del film che vedrai, ti ricordi a malapena il titolo (L’uomo che amava le capre? No! L’uomo che uccise Liberty Capra? Nah!, l’uomo che ballava con le capre? …!? L’uomo che sognava pecore elettriche. No pecore, capre… sì, sì, l’uomo che fissava le capre, fuochino…), non ti aspetti un granché, e invece t’imbatti nel film dell’anno, anzi in un cult-movie epocale: L’uomo che fissa le capre.

Il cast prima di tutto. Anzi, Jeff Bridges prima di tutto. Ancora una volta pesca un personaggio memorabile (sembra appena uscito da Il grande Lebovski): scoppi a ridere solo a vederlo, pensi alla sua faccia e ti rendi conto dell’esistenza della magia nella vita, pensi che tutto si può risolvere alla fine. È lui Bill Django, l’ex marine ferito in Vietnam, l’inventore a fine anni settanta dei soldati psichici, del Primo Battaglione Terra, dell’uso della forza mentale per porre fine a tutte le guerre. Capelli lunghi, ampio uso di sostanze psicoattive, rock’n’roll. Peccato che i suoi superiori poi utilizzino le sue “rivelazioni” per sofisticate torture e il suo sogno si trasformi in un incubo (vedi Abu Ghraib, Guantanamo…).

Un altro grande attore è Ewan McGregor, qui serio reporter con il cuore spezzato alla ricerca dello scoop della sua vita. Lo trova in Iraq, inseguendo l’ultimo vero soldato psichico in missione segreta (manco lui sembra conoscerla), tale Lyn Cassidy. Rischia l’osso del collo, si perde nel deserto più volte, viene rapito da criminali comuni, legge allucinato il diario incredibile di quel battaglione di cappelloni e dei loro esperimenti con le capre …
Lyn Cassidy è George Clooney, l’ultimo Jedi pacifista, l’erede del fondatore del gruppo con la missione segreta (la consoce?) da compiere. Ovviamente libertaria, ovviamente da colpo di scena finale, ovviamente antisistema come nei veri cult-movie del passato, Animal House in testa. Non rivelo nulla se vi dico della scena d’antologia, quella della liberazione delle capre e di tutti i prigionieri in tuta arancione grazie all’avvelenamento con LSD delle uova e dell’acqua della base Usa in Iraq …memorabile (e poi volare nel cielo con Bill Django, l’amico ritrovato). È così che si fotte il cattivo del film, il traditore degli Jedi, colui che ha usato le tecniche psichiche per arricchirsi e annientare l’umanità. Ovviamente ad interpretarlo hanno chiamato Kevin Spacey, impeccabile come sempre (ormai specializzato in personaggi antipatici, cattivi, negativi, stronzi).
Stupefacente, anarchia pura, situazionismo, pellicola incendiabile. A dirigerlo l’amico e sodale di George Clooney, l’attore (non nel film), produttore, sceneggiatore (ad esempio Good Night, and Good Luck) Grant Heslov, qui all’esordio nel lungometraggio. Con rigore e un equilibrio incredibili, riesce a mantenere in piedi un film surreale, d’ambiente militare alla Mash. Grande fan di Woody Allen (il suo primo corto s’intitolava Waiting for Woody, ed era interpretato da lui, con Clooney, Jennifer Aniston e la voce di Woody), proveniente dalla banda dei fratelli Coen, è partito con il piede giusto. Spero solo che non se ne accorga nessuno e possa continuare a fare film.
Tratto da una storia vera, (si dice), ha origine nel libro Capre di guerra, di Jon Ronson, edito in Italia inizialmente da Arcana (vedi sopra la copertina), ora in libreria con Einaudi Stile Libero sotto il titolo L'uomo che fissa le capre, per sfruttare l'onda del film.
Surreale anche la leggenda di come l’esercito Usa decise di dare vita al Primo Battaglione Terra e agli studi di psicologia di guerra: qualcuno aveva fatto sapere ai sovietici che gli Usa stavano creando dei soldati psichici, ma non era vero. Allora Mosca decise di creare un progetto simile. Gli americani, per non essere secondi, decisero a loro volta di creare veramente questo battaglione. Sembra un paradosso alla Comma 22…del resto quello è l’ambiente.

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martedì 24 novembre 2009

Intervista agli Appaloosa

La foto degli Appaloosa è venuta mossa. Inevitabile, non stanno mai fermi e non è colpa dei cactus. Gli Appaloosa sono come la loro musica, un funk/noise pompante, che solo una band con il nome rubato ad un cavallo amico degli indiani (è così? lo chiederò loro tra poco…), può permettersi di proporre. Toscani di Livorno, come le molte band passate di recente sul blog, questi ragazzi terribili hanno fatto un nuovo disco intitolato programmaticamente Savana, a quattro anni di distanza da Non posso stare senza di te.
Savana esce presso l’indipendente Urtovox e vede gli Appaloosa trasformarsi sulla cover in scimmie urlanti (una metafora dei nostri giorni?). In cabina di regia ancora una volta quel Giulio “Ragno-Teatro degli Orrori” Favero ormai immancabile in tutte le migliori produzioni dell’underground italico. La loro musica è un concentrato acido a base di nitroglicerina, qualcosa che scoppia nella testa. Le parole sono poche, il quartetto affida le emozioni ai suoni e ai rumori industriali, ma questa sera qualche cosa dovranno dirmi. Dovrebbe essere collegato con me sul blog, a nome di tutti, quello che fa più casino, Marco Zaninello, batterista della band. Ci sei Marco?
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domenica 22 novembre 2009

Brenda – Quel povero corpo

Ieri ho letto un sacco di giornali, in barba ai vari sondaggi che girano in questi giorni sul calo dei lettori della carta stampata. Un articolo mi ha colpito, anzi, mi ha trovato totalmente concorde. Per questo lo riprendo e lo sottoscrivo. Era in prima pagina su il manifesto di ieri, sabato 21 novembre 2009, scritto da Sandro Medici.
Quel povero corpo – di Sandro Medici
Povera Brenda. Povero corpo stordito, soffocato e infine spento. Sua unica arma per affrontare la vita, diventato motivo per subire la morte. Cresciuto in un tormentoso smarrimento perché esitante, incerto, di dubbia classificazione, per poi riconoscersi in un genere in transito e affermarsi nella sua orgogliosa diversità. Quella diversità che l'ha definitivamente trasformato in una merce di valore, un prodotto con cui competere sul mercato.
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giovedì 19 novembre 2009

... sabato in edicola, giovedì al Thanksgiving day

Il 26 novembre 2009 si celebra negli States il Thanksgiving day, il giorno del ringraziamento. La festa ricorda l’odissea del Mayflower, un battello carico di 102 profughi che nel 1621 vagò per mesi nelle tempeste atlantiche prima di approdare sulle coste americane. Accolti amichevolmente dagli indigeni, che li saziarono di fagioli, i migranti decisero di festeggiare l’avvenimento in un giorno speciale che chiamarono Thanksgiving day. In seguito nel 1863 il presidente Abramo Lincoln stabilì che questa festa si celebrasse nell’ultimo giovedì del mese di novembre, che quest’anno cade appunto il giorno 26. Ora, per una di quelle coincidenze che appassionano gli studiosi di misteri, è proprio il 26 novembre 2009 il giorno ultimo fissato dal Comune di Giano per il suo attacco a Frigolandia... Leggi tutto il pezzo di Vincenzo Sparagna sulle recenti iniziative per salvare Frigolandia, firma questo Appello pubblico per difendere e sostenere Frigolandia e per farle tutte, prenota http://www.liberazione.it/, che sarà sabato in edicola con dentro Frigidaire ... ci sarò anch'io.

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martedì 17 novembre 2009

Intervista a Marta Collica

Marta Collica di profilo e dietro a lei un otto tondo tondo. Non chiedetemi cosa sia, ho trovato la foto sul suo myspace, ma è il voto che darei alle sue trame sonore (anzi, anche nove). Riesce sempre a sorprendermi con la sua musica (sua in tutti sensi: scrive, suona quasi tutto, produce …) come nel cd in uscita in Italia con l’indipendente sarda Desvelos: About Anything. Ancora una volta una produzione internazionale, con il contributo degli amici di sempre, Hugo Race, John Parish in testa.
L’ascolto in questo momento e la sento cullante, ipnotica, blues e rock classico, con echi Nico e Velvet Underground (non solo perchè registrato a Berlino, dove vive); un gioiellino fatto in casa, non smetterei mai di ascoltarlo. Intimo e caldo, caldo come una birreria tedesca in pieno inverno con la stufa accesa e una catanese munita di chitarra ad incantare (sarebbe un bel video, Marta pensaci). Quattordici pezzi intensi, semplici, diretti come la copertina con lei pensierosa a passeggio per un’asettica stazione (o almeno sembra). Ma non voglio attendere troppo il collegamento con la Germania, il satellite of love potrebbe lasciarci da un momento all’altro…ci sei Marta? Dalla Germania o da Catania? O lasciamo il mistero …

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sabato 14 novembre 2009

Offlaga Disco Pax live in Bruno

È difficile riassumere le emozioni di un concerto. Lo è di più con un concerto degli Offlaga Disco Pax. Lo è ancora di più per un concerto degli Offlaga Disco Pax al Bruno, il mitico Centro Sociale di Trento. Dentro di me ho pensieri e immagini poco chiare, come quelle scattate con il cellulare (l’unica buona è quella con Daniele Carretti, qua sopra). È un’emozione non da poco, credetemi. Se ascoltandoli su disco si sorride e ci si esalta e si pensa, dal vivo ci si emoziona per le parole che Max Collini, quasi con pudore, pronuncia al microfono davanti alla pila di oggetti di culto dei suoi testi: il toblerone, la vecchia Golf… La mia vecchia Golf, simile a quella offlagadiscopaxiana, lo stesso giorno del concerto dimostra i suoi anni, e il meccanico mi sconsiglia di fare lunghi viaggi (non chiedetemi perchè, non ci capisco nulla, ma non la mollerò, le sono troppo affezionato). Trento non è tanto distante da casa mia, ma accetto il consiglio del meccanico e vado al concerto con l’auto dell’amico di Parma, invitato anche (ma non solo) per quel verso di Robespierre ("Forza Reagan bombardaci Parma..."); lui e la sua dolce metà. E poi non mi piace guidare, preferisco bere. Infatti mi faccio un ottimo Rum del Nicaragua appena dentro al Centro Sociale, dai giovani compagni di Ya Basta. Se lo fa anche l’amico di Parma, anche se deve guidare. E pure qualche birra ci facciamo.Riesco a trovare al primo colpo il tipo del Bruno che mi ha prenotato i biglietti. Mi dicono che ha la barbetta ed è sempre in movimento. Il 90% dei presenti corrisponde alla descrizione, ma io ho il sesto senso e mezzo: sei tu F…? Sì, ciao, Alligatore…
Mi dice che gli ODP sono arrivati e si stanno sistemando in albergo. Arriveranno al Bruno tra poco. Aprirà Johnny Mox, poi subito loro. Organizzazione perfetta. Fanno un sacco di cose al Bruno. Questa sera c’è pure il film nel settore cinema, Messia selvaggio, un Ken Russel d’annata, mica palle (complimenti ai responsabili cinema, ho letto il programma).
Mentre Johnny Mox suona la sua indie-elettronica davanti ad una sala in riempimento, arrivano, uno dietro l’altro, gli ODP, avvicinandosi al banco dei loro dischi. Prima Enrico Fontanelli, poi Daniele Carretti e infine lui, Max Collini. Rimango seduto ad osservarli, quasi intimidito. Sono dei grandi per me, fin dal primo cd, Socialismo Tascabile, fin dalla prima canzone di quel cd (ho preso anche il vinile), Kappler. Sono ansioso. Vorrei sentirli dal vivo, è la prima volta per me. Ancora qualche birra per rompere l’attesa… finalmente si avvicinano al palco. Ci vado pure io, quasi in prima fila.

L’inizio è un inedito, almeno per me. Una canzone dedicata ai compagni fatti fuori da Pinochet. Fa parte dei testi orgogliosamente “politici” di Collini. Chiuderà invece, un paio di ore dopo, con un altro inedito, questo però dal testo ironicamente “personale”: una storia di sesso con una ragazza d’acqua dolce con il corpo tatuato. In mezzo tutte le canzoni (o quasi) dei due cd, declamate con intensità e senza enfasi, con una recitazione “a togliere”. La musica pompa nel cervello e le parole emozionano. Veramente, scusate se mi ripeto, ma il live ODP emoziona, quasi fino alle lacrime. Tra queste emozionano di più Sensibile, che su disco non avevo trovato così intensa, Cinnamon (con tanto di lancio tra il pubblico del ciuingam, magico come stelle filanti nel buio del Bruno), Robespierre, Cioccolato I.A.C.P., Dove ho messo la Golf? …avete ancora due concerti per emozionarvi, prima della lunga pausa per il terzo attesissimo cd. Tra poco al C.S.O. Rivolta e venerdì prossimo, 20 novembre, gran finale nella loro Reggio Emilia al Laboratorio Sociale AQ.16 ( il suo myspace: Aq16)
MYSPACE DEL GRUPPO
http://www.myspace.com/odp130
BLOG DEL GRUPPO
http://offlagadiscopax.splinder.com/
BLOG DEL BRUNO
http://www.centrosocialebruno.blogspot.com/

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martedì 10 novembre 2009

Giardini di Mirò in Fuoco e ultimi ODP bachelitici

I Giardini di Mirò di nuovo in tour, dopo due anni di assenza dai club. Ma non è il solito giro di concerti, o almeno così non sembra. Lo spettacolo di Jukka Reverberi e compagnia è diviso in due parti. Se la seconda parte è abbastanza tradizionale, con una selezione di vecchi pezzi e qualche novità (anche se il termine tradizionale poco si addice ai GdM), la prima è il vero piatto forte: la sonorizzazione de Il Fuoco, film diretto nel 1915 da Giovanni Pastrone (l’anno dopo del suo più noto Cabiria). Come i Marlene Kuntz con La signorina Else, anche il gruppo reggiano prova le sue capacità con il live cinematografico. Interessante esperimento, non fateveli scappare e raccontatemi, se andrete a vederli…
guarda il video di presentazione
Io ho visto solo un concerto dei Giardini. Erano quasi agli inizi, e mi ricordo che avevano dei problemi con il sound-check. Iniziarono a suonare alle una di notte, facendo però un gran bello spettacolo. Sicuramente oggi inizieranno in orario, anche perché i km macinati sono molti e si esibiranno in locali tecnicamente perfetti, questi:
14/11 Perugia - Urban
20/11 Bologna - Locomotiv
26/11 Milano - Fondazione Pomodoro
11/12 Cesena - Officina 49
12/12 Conegliano (TV) - Zion
09/01 Roma - Circolo degli Artisti

Rimanendo in tema di musicanti reggiani, ricordo gli ultimi tre concerti degli Offlaga Disco Pax per il lungo tour di Bachelite, prima della pausa di riposo e l’arrivo del terzo album. Impedibili (ci sarò pure io in uno di questi).

Venerdì 13 Novembre: TRENTO, Bruno

Sabato 14 Novembre: MARGHERA (VE), Rivoltawww.myspace.com/csorivoltamarghera
Venerdì 20 Novembre: REGGIO EMILIA, Lab.AQ16

www.myspace.com/labaq16

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domenica 8 novembre 2009

CINEMA: Motel Woodstock di Ang Lee

È un film di superficie, come quasi tutto il cinema di Ang Lee, ma questo non vuol dire che sia un film superficiale, e come tutti i film sul ’68 (sì, va bene, in senso lato) è un film con luoghi comuni (rock, libertà, amore libero, droghe, nudismo, comunitarismo …) portati alle estreme conseguenze fino a diventare cinema. Ed è così pure per questo “dietro le quinte di Woodstock”, il concerto dei concerti, l’evento rock per antonomasia, non sappiamo quanto fedele (si legga Taking Woodstock, di Elliot Tiber, Rizzoli), ma in buona parte plausibile (a parte certe macchiette, che è meglio lasciare da parte).

Il personaggio del ragazzo dinoccolato, gay nascosto, represso da genitori incapaci di mandare avanti il loro motel, funziona. Forse per l’aspetto vagamente orientale, forse per il suo dandysmo, ricorda certi personaggi del cinema di Hanif Kureishi. È lui l’inconsapevole motore di Woodstok, quello che per caso offre all’amico hippy l’opportunità di svolgere il concerto all’ultimo momento (infatti, come saprete, il concerto dei concerti stava per sfumare): ha una licenza per la solita esibizione estiva per pochi intimi; la cede al grande gruppo organizzatore e il mito prende vita.

Il suo piccolo motel diventa la base di tutto e finalmente i genitori riescono a ripianare i debiti e a diventare ricchi. Tutto il paesello diventa ricco, anche chi contesta il giovane e la sua scelta di aiutare l’organizzazione del concerto. Lo attaccano duramente, fingono di temere l’invasione dei cappelloni, tengono carico il fucile come bravi patrioti, pronti ad usarlo alla maniera del finale di Easy Rider, ma non si fanno sfuggire l’occasione di sfruttare commercialmente il passaggio di migliaia di giovani sul proprio territorio. Certo, Woodstock non è stato solo tre giorni di pace, amore e musica (è stato anche questo), ma pure un bel business. Però è banale dirlo, e allora Ang Lee, pur mostrando senza esitazione tutti quei soldi che girano, butta dei luoghi comuni pesanti come macigni (il suo cinema è un accumularsi di luoghi comuni) con scene che però restano in piedi da sole, tante volte le abbiamo ormai viste: dal bagno nel fango a quello nudo nel laghetto circostante, dal viaggio con lsd dentro al pulmino Volkswagen (tentando di mostrarci le illusioni ottiche tipiche dei viaggi di quel tipo), dalla performance teatrale stile Living Theatre (ho scritto “stile”), alla collinetta spoglia e devastata dopo quei tre giorni, ridotta quasi come dopo una battaglia in Vietnam (e non manca certo il ragazzo sballato dopo essere ritornato dalla sporca guerra). Insomma, accumula tanti e tali luoghi comuni che alla fine il film sembra tenere. Oppure ho avuto un trip negativo?

Questa è più di una manifestazione artistica e musicale: è la nascita di una nuova nazione, la Nazione di Woodstock. Siamo contro la guerra. Rispettiamo la libertà, la musica, i diritti civili di ogni persona. Venite qui e diventerete cittadini della Nazione di Woodstock.
Elliot Tiber, Taking Woodstock

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venerdì 6 novembre 2009

Intervista ai The Philomankind

Incredibile quante nuove band siano nate negli ultimi anni in Toscana. Mi ricordo un articolo di Tondelli su Linus degli anni ’80, che parlava di Firenze città regina della musica del periodo; oggi ne scriverebbe uno su Oltre Firenze, con tutti i gruppi formatisi nelle piccole e grandi città di quella bella regione. Nell’articolo troverebbero sicuramente posto questi The Philomankind dal piglio anni ’60 di acido pop-rock coloratissimo: hammond, mellotron, banjo e delle voci che non ti scordi (soprattutto quella femminile, non me ne vogliano gli uomini del gruppo, sembra venire direttamente dalla Woodstock Nation e dona ad ogni pezzo una magia incredibile).
A guardarli nella foto sembrano usciti da un cartone animato psichedelico girato tra il sole dell’Estate dell’Amore californiana e le piogge della Swinging London. E così compaiono pure sulla copertina del loro secondo cd All Things Philos, autoprodotto tramite il Consorzio Utopia (altra caratteristica comune delle band della zona). Tra funghetti strani, santoni dalle barbe lunghe, elefanti indiani, vediamo muoversi i componenti del gruppo con i loro strumenti in un universo espansione come durante un bel viaggio. Il viaggio lo faccio pure io ogni volta che metto nel lettore il loro cd. Lo voglio fare anche questa sera. Lo voglio fare con loro collegati in diretta nello spazio infinito della Rete. Siete pronti?
VAI AL LORO MYSPACE http://www.myspace.com/philomankindband

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giovedì 5 novembre 2009

The Gang e il Web

DOMANDA Blog, myspace, facebook, tra un’ora chissà cosa ci sarà … che rapporto con Internet?
RISPOSTA Non sono di questo mondo. Potrei dire delle stupidaggini in proposito. Non frequento amicizie del genere e non per snobbismo ma perché il mio tempo non me lo permette né il mio istinto, che solitamente è curioso. Di tutto ciò in genere, vedi la tua lista, posso solo sottolineare che Internet è la fine della Città, quindi della Civiltà così come per secoli l’Umanità l’ha intesa e considerata.
Cosa prenderà il posto di ciò, chi e cosa colmerà questo vuoto io non lo so…Quello però che mi stupisce è che in questo Paese non esista alcuna tradizione intellettuale che si dichiari contro la modernità e che ne analizzi i mali e informi circa l’altra faccia della luna. Questo significa che nessuno ripercorre le orme del grande profeta Pasolini e che la cultura della Minoranza è stata definitivamente sconfitta, forse senza alcuna battaglia o combattimento, il che è grave, molto grave per le sorti che ci aspettano.
Marino The Gang Severini
Una risposta che mi ha fatto molto riflettere.
PER LEGGERE IL RESTO DELL’INTERVISTA
Passato e futuro dei Gang

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lunedì 2 novembre 2009

Appello per Frigolandia

Non riesco a capire cosa sia successo a questo nostro Paese. Veramente, il peggior incubo del più nero fumetto underground anni ’80 non sarebbe arrivato a tanto. Manco quelli che leggevamo su Frigidaire. Ecco perché mi sembra giusto firmare e far firmare questo Appello pubblico per difendere e sostenere Frigolandia ... scusate se me la prendo a cuore, ma è il bambino che è in me che insiste.

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